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La Cattedrale di Arezzo
Una testimonianza di fede

La Cattedrale aretina, intitolata ai Santi Pietro e Donato, si affaccia su piazza del Duomo, di fronte al Palazzo Vescovile. Questo imponente edificio cristiano, il maggiore della Provincia di Arezzo, racchiude all’interno di un’armoniosa architettura gotica autentici tesori d’arte nonché importantissime testimonianze di fede.

L’edificazione della Cattedrale, sulla sommità del colle di San Pietro, ha origine per volere del papa Innocenzo III, che nel 1203 ordinò al vescovo Amedeo di trasferire entro le mura cittadine la Cattedrale dedicata a Santo Stefano e a Santa Maria, la canonica e la residenza vescovile, spostandole dal colle di Pionta, altura dell’Arezzo etrusco-romana e primitiva sede della comunità cristiana aretina.

La nuova sistemazione rese necessario elevare a Cattedrale l’antica chiesa benedettina di San Pier Maggiore, che sorgeva nella parte anteriore dell’attuale Duomo. Il progetto di costruire un Duomo nuovo, com’era nelle intenzioni del vescovo Guglielmino degli Ubertini, conobbe un’improvvisa accelerazione in seguito a una circostanza fortuita: il papa Gregorio X, diretto a Roma di ritorno dal secondo Concilio ecumenico di Lione, si fermò ad Arezzo, ospite del vescovo; le precarie condizioni di salute del pontefice si aggravarono rapidamente e così egli passò a miglior vita il 10 gennaio 1276. Ma prima dispose un lascito testamentario di ben 30.000 fiorini d’oro per la costruzione della nuova Cattedrale; il 9 novembre del 1277 il vescovo Ubertini, per mezzo di decreto, diede avvio all’impresa “a onore di Dio, della beata Vergine e del patrono san Donato”.

Nel 1289, anno della battaglia di Campaldino, la chiesa, già consacrata, risulta costruita nella parte absidale con le prime due campate. Con la morte del vescovo, avvenuta nello scontro, si arrestarono i lavori che furono ripresi dal successore Guido Tarlati (1312-1327) signore di Arezzo dal 1321, fu costruita la terza campata e s’iniziarono i lavori alla porta laterale, dove ancora oggi è visibile lo stemma della sua famiglia e riferibile intorno agli stessi anni è la decorazione scultorea con il gruppo di figure modellate in coccio pesto, grandi al vero che occupano la grande lunetta sopra l’architrave. Al centro è la Madonna del Latte, affiancata dal vescovo Donato e da papa Gregorio X. La sua realizzazione è da ritenere pressoché coeva al grande cenotafio del vescovo Guido Tarlati, opera monumentale eseguita dai senesi Agostino di Giovanni e Agnolo di Ventura. Nel 1384 la vendita del Comune aretino alla Signoria di Firenze determinò un’ulteriore interruzione della costruzione del Duomo, nuovamente avviata nel 1471 e conclusa nel 1511, nelle sue forme essenziali, in stile con il progetto originario.

Il Duomo domina la piazza ergendosi al sommo di un’ampia scalinata che cinge l’edificio su due lati. L’odierno aspetto della scalinata si deve al rifacimento compiuto nel Settecento, quando l’originaria pietra serena venne sostituita con il travertino; il progetto risale invece al XVI secolo ed è stato attribuito sia al francese Guillaume de Marcillat che ad Andrea Sansovino, cui lo assegnò il Vasari.

La facciata esterna, rimasta grezza, fu definita nella sua attuale sistemazione tra il 1900 e il 1914, su disegno di Dante Viviani.

L’insieme, in stile neogotico con qualche concessione al contemporaneo Liberty è decorata da tre portali e un rosone in marmo e vivacizzata da un articolato apparato scultoreo. La facciata fu solennemente inaugurata il 2 agosto 1914 alla presenza del Duca di Genova, giunto in rappresentanza del re Vittorio Emanuele III.

Nei primi anni del Seicento, a seguito delle nuove norme liturgiche legate al Concilio di Trento, fu attuata all’interno un’operazione di ammodernamento con il rinnovo delle cappelle e degli altari su progetto di Teofilo Torri, pittore e architetto aretino.

Nel 2013, in occasione della visita di papa Benedetto XVI, si è provveduto a realizzare l’adeguamento liturgico del presbiterio, affidando il progetto a Giuliano Vangi, che ha realizzato la nuova cattedra episcopale, l’altare e il pulpito, mantenendo il dialogo fra antico e moderno.

Sulla parete della navata sinistra, accanto alla porta della sacrestia, si può ammirare un capolavoro di Piero della Francesca, la Maddalena, eseguito forse nel 1459, mentre il maestro di Sansepolcro era in città, intento a dipingere in San Francesco il ciclo di affreschi della Leggenda della vera Croce.

Adiacente all’affresco si innalza l’imponente cenotafio di Guido Tarlati, eseguito nel 1330 dai senesi Agostino di Giovanni e Agnolo di Ventura, dove in 16 formelle a bassorilievo è inserito il racconto della vita del vescovo. A fianco del cenotafio si erge possente la cantoria con l’organo antico, risalenti agli anni 1535-37. La cantoria in pietra fu scolpita da Pietro di Bernardino di Subisso e Piero Giannozzo da Settignano su disegno di Giorgio Vasari, che si ispirò al basamento per la tomba di Giulio II di Michelangelo.

La visita alla Cattedrale ha il suo momento culminante nella cappella della Madonna del Conforto, che si apre lungo la navata sinistra, ed è connessa al miracolo del 15 febbraio 1796. Iniziata nell’agosto dello stesso anno, la cappella fu completata nel 1817 ed oggi è fulcro di una forte devozione popolare.

All’interno della cappella è possibile, inoltre, ammirare alcune terrecotte robbiane rimosse da altre chiese aretine e qui collocate, in omaggio alla Madonna, nel 1811. Spicca sulla parete destra la Santissima Trinità fra i santi Donato e Bernardo di Andrea della Robbia, terminata nel 1486 e proveniente dalla chiesa della Santissima  Trinità, mentre sulla parete sinistra ammiriamo la Madonna in trono fra i santi Donato, Maddalena, Apollonia e Bernardino da Siena, dello stesso Andrea, eseguita con la collaborazione della bottega verso il 1495 e proveniente dalla chiesa di San Francesco. La cupola e le volte della cappella sono impreziosite da un ciclo di affreschi, realizzato tra il 1799 e il 1802 da Luigi Ademollo e Luigi Catani, dove sono rappresentate numerose storie dell’Antico e del Nuovo Testamento di tema mariano o comunque in rapporto con la figura della Vergine.

L’interno, a tre navate, senza transetto, con cinque campate scandite da pilastri a fascio, è caratterizzato da un’abside poligonale. Capolavoro dell’arte vetraria è il ciclo delle sette vetrate del Marcillat, dipinte in due fasi tra il 1516 e il 1524. Al Marcillat spetta anche l’esecuzione delle Storie bibliche dipinte nelle volte delle prime tre campate della navata maggiore e della prima campata della navata laterale sinistra. Monumentale è il complesso dell’altare maggiore. L’Arca di San Donato, che custodisce i resti mortali del Santo, patrono d’Arezzo e secondo Vescovo della città, attira gli sguardi oltre che per la luminosità del marmo, per le dimensioni e per la pregevolezza del disegno. Il complesso è formato da tre parti: l’altare propriamente detto, finito prima del 1289; la pala marmorea finemente lavorata a bassorilievo, irta di guglie e pinnacoli, posta sull’altare nella seconda metà del Trecento; e la grande Arca contenente le reliquie del Patrono e di altri martiri aretini.